Quando la storia personale del paziente diventa importante nella valutazione e nel trattamento di un difetto estetico

pazienteRecentemente da un’indagine effettuata dagli amministratori di un blog americano sulla salute, ZocDoc Blog è emerso che le parole che ricorrono di più per descrivere le competenze di un medico sono la capacità di ascolto, l’empatia e la gentilezza. Queste caratteristiche erano già emerse da uno studio pubblicato nel 2007 sul Journal of Internal Medicine effettuato da Ronald Epstein su 4746 pazienti.

Nella vita di tutti i giorni utilizziamo la nostra capacità di parlare per raccontarci agli altri, per dire qualcosa di noi, della nostra storia ma anche di quello che ci aspettiamo dal futuro. Il paziente racconta al medico la propria “storia di malattia”, e questa è la descrizione più vera e completa del suo malessere. Oggi, in un’epoca in cui la medicina ha raggiunto straordinari traguardi di sviluppo tecnologico e il concetto di medicina basata sulle evidenze è ormai molto diffuso, si sente l’esigenza di recuperare il rapporto medico-paziente, dove la narrazione della patologia del paziente al medico è considerata, al pari dei segni e della sintomatologia della malattia stessa, uno strumento per la diagnosi e la cura.

Questo nuovo modo di intendere il rapporto con il paziente si sta affacciando anche nella Medicina e nella Chirurgia Estetica, in un paese come l’Italia dove, a quanto pare, molte donne non si piacciono. Infatti, secondo i dati di un sondaggio online promosso dal dottor Mezzana, l’82% delle intervistate non si sente bella e quasi il 35% cambierebbe più di una cosa del proprio aspetto. Evidentemente i dati non rispecchiano la realtà, ma ci parlano di una condizione di disagio estetico che prescinde da un reale difetto. “Non basta valutare un difetto estetico per decidere di correggerlo”. – afferma il Dott. Paolo Mezzana, Specialista e Dottore di Ricerca in Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica, Responsabile dell’Ambulatorio di Dermatologia Oncologica della Casa di Cura Marco Polo di Roma, – “Ho deciso di ascoltare le storie dei miei pazienti in modo molto approfondito perché mi sono accorto negli anni, esercitando la mia professione, che spesso i difetti che vedevo io durante una prima consultazione non erano la reale causa del loro disagio: nonostante un naso deforme e lungo, il paziente richiedeva di correggere una lieve protrusione delle orecchie. Il paziente, dunque, ha sempre qualcosa da dirci.”

“Per sentirsi a loro agio i nostri pazienti sono pronti a sottoporsi a mille interventi di chirurgia. Consiglio di procedere con cautela – continua il Dr. Mezzana -. Pur riconoscendo alla chirurgia estetica un grande ruolo medico e sociale, perché aiuta a risolvere problematiche gravi, ho visto come tanti volti si sono trasformati e non per effetto del tempo che passa, ma per opera del nostro bisturi.  Trasformare il proprio volto, quindi l’immagine con cui ci si presenta agli altri, secondo me non ha niente a che fare con l’equilibrio psicologico e spesso nasconde disagi ben più gravi: insicurezza, insoddisfazione, ricerca della perfezione, bisogno di piacere che non si interrompono mai. Qui entra in gioco il racconto che ci viene fatto dal paziente, le sue abitudini di vita, il suo passato, il suo rapporto con gli altri e con il proprio corpo. Solo dopo questa attenta analisi si potrà procedere all’intervento estetico, con armonia, nel rispetto delle forme e della personalità di chi ci sta chiedendo aiuto. I chirurghi plastici non devono alimentare la bulimia estetica: correggono, gonfiano, aspirano, tagliano, sperando di frenare quell’insoddisfazione che c’è sotto. Ma la soddisfazione non si raggiunge mai. È momentanea, è un’illusione: poi ricomincia. A volte si sposta un malessere dell’anima sul proprio corpo: è più facile addormentarsi e far lavorare il chirurgo, piuttosto che prendersi la responsabilità di lavorare su di sé”.

“ Nella mia lunga carriera ho imparato ad ascoltare, a guidare e a sconsigliare i miei pazienti. Molte ore trascorse per fare miei i racconti di vita di chi chiedeva il mio aiuto. Spesso mi sono sentito uno “psico-chirurgo” che attraverso l’attenuazione di un difetto sosteneva anche uno spirito in ansia dice il Prof. Maurizio Valeriani, Primario Chirurgo Plastico dell’Ospedale S.Filippo Neri di Roma -. Il ruolo della narrazione nella moderna chirurgia estetica trasforma la medicina da una scienza in un’arte dell’ascolto e dell’armonia.”

I due specialisti si stanno lanciando in un progetto di ascolto narrativo dei loro pazienti “Fai parlare il tuo difetto”. Lo scopo sarà quello di raccogliere i racconti, con l’aiuto di una specialista in psicoterapia per dimostrare che le procedure di Medicina e Chirurgia Estetica vengono troppo spesso solo considerate sotto il profilo della vanità e per delineare un quadro del disagio estetico in Italia.